di Fabio STRINATI – Nuova Palomar edizioni
Mi sono accostato con timore e riverenza a questa silloge di Fabio Strinati perchè volevo cogliere il senso alto di uno scrittore marchigiano che si “avventura” a comporre versi ispirato dalla terra di Puglia. Dico subito che l’originalità del libro è la mancanza di titoli alle poesie. Nessuna ha un titolo o un numero indicativo, per cui appare come un continuo dialogare con i luoghi e la memoria. Strinati sa comunicare sensazioni preziose al lettore attento. Ed anche a quello distratto. La struttura del libro, di poco più di cento pagine, è omogenea e contempla l’intreccio di tante vicende individuali, spesso interrotte e poi riprese. La visione di stati d’animo e paesaggi in un continuo intersecarsi di piani temporali diversi eppure non distinti nelle forme verbali. Il procedere – lento – diventa ricco di suggestioni, non solo per i luoghi, ma per la natura, per gli animali contestualizzati (la volpe, la lepre scaltra, le cicogne bianche, la civetta…), in contorni reali che ne accentuano il fascino. E il nostro si lascia volentieri rapire: “Il canto della pioggia…che si propaga nell’armonico paesaggio”. Un altro tema del libro è l’amore. Esso ha nel cuore di Fabio Strinati un posto importante. L’ampiezza data all’argomento è da mettere in rapporto alle diverse situazioni che incontra percorrendo strade della memoria che diventano metafore della vita. Il verso, nitido e scabro, ha un respiro breve e mai franto e traduce bene l’animo sensibile del poeta. Si possono disteinguere diversi piani espressivi con un intreccio virtuoso di spunti lirici che, talvolta, incantano. Linsistenza lessicale, talvolta, riassume in sé la magia di quei luoghi che diventano segni di speranza: “Nel cielo aperto, le cicogne bianche nei sogni sconfinati, e quel pennello diàfano che volteggia nel riflesso dell’anima, s’apparta nel destino, abile creatura”. La Valle d’Itria diventa, quindi, luogo dell’anima “fra l’eterno e il tempo”, così come i ricordi di una giovinezza felice riflessa “in uno stagno” dove “rivedo la luna” in una sera che profuma di bosco e di amore.
Lo stile realistico ed essenziale, acquista un sapore favoloso e un senso storico che attira l’attenzione del lettore e in questo intravedo tracce dell’arte onesta dell’abruzzese Ignazio Silone che filtra amabilmente luoghi e personaggi attraverso la memoria. Fabio Strinati cerca in alcuni angoli di Puglia il senso di purezza che del vivere è segno di passione condito sempre da colori e suoni. Un rifugio dove coccolare la tenerezza e il silenzio, l’armonia e il respiro profondo del vivere. In alcuni passaggi mi ricorda la poetessa Lucana Anna Santoliquido nativa di Forenza: “fragile l’anima mia cerca il senso della vita per campi di malva e ortiche”. La poeta Santoliquido attinge a stati estetici intraducibili, per raggiungere verità più profonde, dice di lei la saggista Francesca Amendola in “Anima Mundi”.
Ebbene, non piglio d’avventura, Strinati si lancia inconsapevole tra Locorotondo che “gorgheggia umile” e Ceglie Messapica “dal biancore candido”, passando per Martina Franca “dalla voce che sa di tenerezza” e Selva di Fasano “che dà sui trulli e sulle grotte” e Cisternino “d’aria salùbre”. Ma non è un mero raccontare delle meraviglie di Puglia. Infatti in questa silloge ricorre il tema del viaggio e della riconciliazione con la vita e con l’amore: “E fu quel viaggio, in aprile, a ricucirmi al vento col meccanismo della fuga”. La posizione dell’io narrante, nella silloge, aiuta a riscoprire attimi di verità e la creazione poetica che accompagna l’autore viaggia lungo un filo sottile tra realtà e linguaggio. Quindi la riconquista degli spazi verso “l’autunno che si spalanca”. Spazio e tempo e luoghi e sentimenti si rincorrono e si incontrano e si intrecciano in una cornice incantevole come la Valle d’Itria. Del resto, al di là delle tecniche narrative, il percorso poetico è un viaggio dentro le passioni e, quindi, testimonianza.
Nicola De Matteo
Presidente dell’Accademia delle Culture e dei pensieri del Mediterraneo